diario dei giorni difficili .42
Di nuovo la primavera
La partenza del treno. Il terrapieno nero.
Come rintraccerò la strada al buio?
Un tratto irriconoscibile,
benché solo un giorno sia stato lontano.
Sulle traverse si smorza lo stridore della ghisa
d’un tratto salta fuori una nuova bizzarria.
Parapiglia, dicerie di comari.
Quale diavolo le ha sobillate?
Chissà dove ho udito i frammenti
di questi discorsi la stagione dell’anno passato?
Ah, forse, oggi nuovamente
sarà uscito di notte un ruscello dal bosco.
Come tempo addietro,
l’argine ha mosso i ghiacci e s’è gonfiato.
È, in verità, un nuovo prodigio,
è, come un tempo, ancora primavera.
È lei, è proprio lei,
è il suo incantamento, la sua meraviglia.
È la sua giubba imbottita oltre il salice,
le spalle, lo scialle, il busto e la schiena.
È come Snegurka sull’orlo del dirupo.
È su di lei che dal burrone dal fondo
scorre senza sosta il delirio frettoloso
di un chiacchierone scriteriato.
È di fronte a lei, allagando le barriere,
che affonda nel fumo acquoso una rapida,
come una lampada di una cascata sospesa,
è inchiodata col sibilo alla scarpata.
Coi denti che battono per il raffreddore
scorre nello stagno e dallo stagno in altra conca
il fiotto gelato oltre la proda.
Il discorso della piena è il delirio dell’essere.
1941
Boris Pasternak
(1890-1960)
11 maggio 2020
Omaggio a Boris Pasternak
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