diario dei giorni difficili .16

Il “Corriere della Sera” ha pubblicato il 16 maggio scorso la lettera aperta che una nostra ex-alunna, in procinto di diventare magistrato, scrive al Ministro della Giustizia. E dice della passione per l’esercizio della giustizia, spesso però frustrata, come oggi accade, da un Governo disattento al desiderio e alle fatiche di un giovane. Ne forniamo la prima parte, la meno “tecnica”, rinviando al testo integrale che si legge on line.

L’ingiustizia nei calendari (sospesi) dei concorsi di magistratura e da avvocato
di Anna Fornasieri

Egregio Ministro Bonafede,

mi chiamo Anna, ho 27 anni e da circa un anno e mezzo sto studiando per la preparazione del concorso di magistratura. Le scrivo col desiderio di raccontarle la scoperta della fecondità di questo tempo così strano e di esprimerle le esigenze che dallo stesso stanno emergendo.

Come saprà questo percorso è lungo e accidentato, capace di temprare la resistenza e la fermezza delle persone che vi si accingono. Il mio desiderio innato di scoprire cosa sia la giustizia, maturato e cresciuto tramite lo studio della letteratura greca e latina del liceo classico, mi ha portato sulla strada su cui ora mi trovo. Mi sono laureata all’Università Cattolica di Milano nell’aprile 2018 e qualche giorno dopo ho cominciato il tirocinio di 18 mesi presso la Corte di Appello di Milano, affiancando un giudice di una statura umana e professionale eccezionale. In quei 18 mesi, potendo osservare da vicino il mestiere del giudice, ho scoperto di volerlo davvero fare. È stata infatti l’occasione per scoprire che la risposta a cosa sia la giustizia non può essere rinvenuta in un’ideologia preconcetta, ma deve passare dal realismo del bilanciamento dei fattori in gioco in una determinata vicenda, scoprendo così, che la giustizia è l’ideale a cui ogni contraddizione umana tende continuamente.

E ora, mentre le scrivo, guardando fuori dalla finestra in questa giornata soleggiata, mi trovo in casa a fare i conti ogni giorno con questa domanda: il desiderio che ho di fare questo mestiere, il gusto che ho provato in quei mesi di tirocinio, valgono la fatica di questa attesa che, ora più che mai, sembra infinita?

Mi sembra importante farle sapere che la risposta a questa domanda, che inevitabilmente risuona ogni giorno quando ci si alza la mattina presto per continuare questa battaglia e persistere nelle lunghe ore di studio passate in solitudine, è sì. Questa è la risposta anche di alcuni amici e colleghi impegnati sullo stesso percorso, con i quali in questi giorni silenziosi mi continuo a confrontare. Rispondo che sì, vale la pena permanere su questa strada, ma bisogna capire il perché. Se io ogni giorno non sperimentassi, quando apro quei libri infiniti di penale, civile e amministrativo, un gusto nello studiare, un entusiasmo per come la ragione viene invitata ad aprirsi e a conoscere il mondo e l’uomo, mi sarei già fermata di fronte all’assoluta incertezza che ci avvolge. L’adesione che non si stanca mai a questo tipo di percorso, infatti, o è sostenuta da una passione vera alla conoscenza, oppure si interrompe. Ma questa scoperta, questa dedizione continua allo studio di cui le mie giornate sono fatte da ormai molto tempo, ha dentro qualcosa che ancora non ho detto: il desiderio di scoprire il mio posto nel mondo, l’esigenza di capire come anche io posso contribuire alla costruzione del bene comune che tutti cerchiamo.

Dunque, io le chiedo e chiedo ai politici che stanno guidando il Paese in questo tempo così duro: vi interessa coltivare questa aspirazione di noi giovani? Perché non si può pensare che la crescita e, ad oggi, direi la rinascita di un Paese, non passi attraverso la scommessa su questo desiderio che ci muove. Certamente dentro questa affermazione che faccio vi è piena coscienza della situazione emergenziale in cui ci troviamo, in cui le uniche risposte da dare sembrano essere quelle legate alla salute ed alla sicurezza. Ma nessuno in questa fase 2 tanto proclamata, si è soffermato nemmeno per un istante a riflettere sulla condizione di chi, come noi, lavora e studia da due anni senza prendere nemmeno uno stipendio, mantenuto dalla propria famiglia, spesso in difficoltà economica, perseguendo però con fedeltà l’ideale di servire la società impastandosi nella ricerca della giustizia. Non è forse la persona il primo luogo per la costruzione di un Paese? Ecco, dunque, io credo che ora dobbiate guardare anche a chi, questa società, la sostiene con questo sacrificio operoso. […]

Anna Fornasieri
20 maggio 2020

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