Amabile Battistello, la donna che ricevette “gli occhi” di don Gnocchi, ha voluto donare borse di studio per la nostra scuola, prima di morire.

Articolo comparso su “Il Giornale di Carate” il 17 dicembre 2024

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La famiglia di Amabile Battistello, la donna che da ragazzina ricevette una delle cornee che don Carlo Gnocchi – con un gesto allora fuorilegge – dispose fossero trapiantate a due mutilatini per restituire loro la vista, ha voluto che le offerte delle esequie celebrate lo scorso 9 dicembre a Cinisello Balsamo fossero destinate come borse di studio per gli allievi dell’istituto alberghiero e del liceo di via Dei Gaggioli. Proprio in città, nella scuola intitolata al beato don Gnocchi, studia oggi il nipote della 85enne trapiantata.

«Cari amis, ve raccomandi la mia baracca… Ve la lasi; pusse d’inscì ho minga podù fa. E tu, professor Galeazzi, devi promettermi che alla mia morte prenderai questi occhi e li utilizzerai affinché due ragazzi
possano vedere. È tutto quello che mi resta da dare ancora!». La voce che usciva da un registratore e riempiva la stanza d’ospedale, la mattina del marzo 1956, era la voce di don Gnocchi, morto da pochi giorni. Sul lettino c’era una ragazza di 17 anni, Amabile Battistello, e davanti a lei il professor Cesare Galeazzi, che
piangeva commosso. Le aveva appena levato le bende dagli occhi, dopo averla operata clandestinamente di cornea.
La giovane aveva già vissuto tanto: i genitori trevigiani, da Milano, la rimandarono subito in Veneto dagli zii, dove c’erano già altri 12 figli da sfamare e nessuno che sapesse davvero come fare con lei, la bambina cieca.
Finché l’incontro con il professor Galeazzi la mise su una strada nuova. Galeazzi ricevette quella richiesta finale e così rivoluzionaria di don Carlo che, prima di morire, voleva ancora darsi ai suoi mutilatini. E così il beato don Gnocchi le ridiede la vista, dandole i suoi occhi, e i due s’incontrarono anche fisicamente, pur non essendosi mai visti.
Amabile Battistello è morta venerdì 6 dicembre, dopo aver disposto molto chiaramente che non avrebbe voluto fiori, né in chiesa, né sulla bara, perché «stanno bene nei campi, non strappati ad appassire». Invece dei fiori, ha chiesto ai famigliari che i soldi venissero utilizzati «per donare borse di studio con cui far
studiare i ragazzi della scuola “don Carlo Gnocchi”», ridonando così ciò che aveva ricevuto, quella mattina del mese di marzo di 68 anni fa e che le aveva cambiato la vita.
«Nella vita ho fatto tante cose e ce ne sono tante altre che avrei voluto fare. Ma va bene così, perché vado da Dio a vedere don Gnocchi…», le sue parole prima di spirare.