Saluto agli studenti del “don Gnocchi”

Carate B., martedì 12 settembre 2023

τοῖς ἐγρηγορόσιν ἕνα καὶ κοινὸν κόσμον εἶναι
τῶν δὲ κοιμωμένων ἕκαστον εἰς ἴδιον ἀποστρέφεσθαι
Eraclito

Per coloro che sono svegli esiste un mondo unico e comune
ciascuno di coloro che dormono torna nel proprio mondo

Buongiorno a tutti, e ben ritrovati, o trovati per la prima volta. Vi stavamo aspettando. Il saluto è inizio più ricco che possiamo condividere: è augurarci di poter continuare a vederci, di stare bene, contenti e grati che ognuno di voi ci sia. Contenti, cioè, di iniziare un anno nuovo e insieme di tornare a vivere una vita ordinata, cadenzata, tortuosa certo, ma guidata, in un’esperienza ricca e vivace, come quella di una scuola che muove i propri passi in un tempo, eppure anela a un orizzonte lungo e profondo.

Come avrete già potuto accorgervi in queste prime, poche ore a scuola, sono tanti i volti nuovi, tra voi studenti e noi docenti. Per chi inizia, tutto è nuovo; ma ci sono novità anche per chi è qui da tanto. Accogliamo tutti, col desiderio di poter iniziare, o re-iniziare, a condividere un cammino integralmente umano, carico di speranza e desiderio; senza scandalizzarci della nostra fatica, o di inciampare, ma imparando sempre più a guardarci, con stima e simpatia.

Oggi si ricomincia ad andare a scuola. Tutti lo sanno, tutti ne parlano, in TV, sui giornali: fa notizia. È un momento importante, fondamentale, al punto che l’anno sociale è scandito da questo. Di questi tempi, se ci s’incontra, ci si saluta dicendosi “buon anno!”. Perché?

Perché è importante andare a scuola? Perché si va a scuola?
Cos’è la scuola? Che cosa è questa scuola?

Queste sono domande cruciali, ed è impossibile non porsele! Certo, si può andare avanti, procedere nelle cose della vita senza chiedersi perché. Essere trascinati in un flusso di fatti e azioni che si accettano, così come vengono, magari lamentandosi un po’, quanto basta, oppure anche essendone appagati, perché le cose vanno bene, cioè studio, prendo buoni voti e nessuno ha niente da dire… Ma alla fine, perché vado a scuola? Perché dedico a quest’attività tutto questo tempo?

Perché, tra le lezioni tutte le mattine, solo la domenica libera,
e lo studio il pomeriggio, ogni tanto intero, ogni tanto un po’ meno, alle volte, addirittura, rimane qualcosa da riguardare la sera, alla fine si passa un sacco di tempo sui libri! A cercare di star dietro alla scuola dignitosamente, ce ne vuole di tempo! Chiaro, ci s’impegna anche in altro, per fortuna verrebbe da dire, ma la questione della scuola è questione ben seria: impegna tanto, è proprio il vostro primo impiego! È il nostro impiego. Deve valerne la pena!

Aggiungo, se non lo sapete, che a partire dal terzo anno di scuola superiore viene assolto in toto l’obbligo scolastico: un giovane non è più obbligato, di fronte allo Stato italiano, a essere iscritto in un istituto scolastico. Cioè, banalmente, una buona metà di voi è qui per scelta propria, assolutamente libera! Senza vincoli! Lo ripeto: deve valerne la pena!

A che cosa serve venire a scuola? Serve a una cosa di fondo, semplice, che voglio affermare con altrettanta semplicità: serve a imparare a guardare il mondo. Serve a diventare capaci di setacciarlo e scrutarlo, e di sorprendersi mentre lo si osserva.

S’impara ad assaporare che dentro una mela che cade sono iscritte leggi fisiche bellissime, universali – la mela cade, come la luna da sempre ci gira intorno – leggi apparentemente invisibili e inafferrabili, che attraversano il tempo e lo spazio, e ordinano e governano il mondo sensibile che abitiamo; celando, ma prontamente rendendo evidente all’occhio attento una bellezza intrisa di verità che è tutta lì da scoprire. Non solo! S’impara anche che noi, esseri umani, queste leggi di natura le cogliamo, le vediamo, le leggiamo nella forma di un linguaggio, quello della matematica, che ha il grande pregio di essere profondamente umano, cioè fatto per noi, e universale.

E, d’altra parte, si arriva a cogliere che un testo scritto da qualcuno, anni o secoli fa, non solo scaturisce da una riflessione più o meno strutturata di quel qualcuno su di sé e sul mondo, ma attraversa la storia e arriva a toccare delle corde scoperte del mio cuore, della mia mente, del mio desiderio che, magari, neanche sapevo di avere; che non sapevo fossero così pronte a vibrare con quell’intensità.

E, ancora, s’inizia a cogliere che quell’architettura ha una ragione che ne governa le forme, si fonda strutturalmente su geometrie che la disegnano e che io vedo e comprendo; e magari, nel mio piccolo, posso creativamente iniziare a tentare di riprodurre.

O, infine, si coglie che la preparazione di un piatto è il crocevia tra scienza, arte e cultura e che per la sua realizzazione c’è bisogno di me e della mia creatività.

Quanta ricchezza! La scuola ti introduce alle cose del mondo, te le propone, te le offre, te le rende manifeste, ti mostra come cercarle, come notarle, come osservarle. E nell’insegnarti a interrogarti di fronte a tutto questo, in fondo, ti aiuta a riappropriarti, con rinnovata consapevolezza, di quel desiderio primordiale che ci costituisce tutti: le cose del mondo, della vita, le vogliamo guardare, le vogliamo capire. Vogliamo continuamente stupirci del fatto che c’è una realtà: esiste qualcosa al di fuori di noi che non vogliamo semplicemente accada, trascinandoci nel suo accadere, ma vogliamo capire. Noi siamo qui, insieme, a ricordarcelo: senza questo desiderio di amore alle cose a alla vita, non saremmo noi. Non saremmo uomini! Il cammino della conoscenza che si avvia a scuola, a cui in questa scuola teniamo profondamente, è dunque un’esperienza profondamente liberante: ci rende uomini liberi, capaci e desiderosi di vivere dentro la storia.

Nell’educare a questo nulla è imposto, tutto è pro-posto, offerto in vostro favore, al vostro spirito critico, alla vostra libertà. La scuola è una proposta: “Forza! Vieni con me, a guardare il mondo, insieme!” Perché la via attraverso cui questa avventura di conoscenza s’innesca e si alimenta è tramite l’incontro con qualcuno che è sulla strada con voi, vero compagno di viaggio; gli insegnanti sono uomini e donne sulla vostra stessa strada, più avanti certo dal punto di vista delle conoscenze acquisite o della capacità di interrogarsi di fronte alle cose – per fortuna! -, ma identici nel desiderio di sostare e contemplare il mondo che si staglia di fronte ai nostri sensi. Il modo più efficace, forse l’unico per imparare ad affinare una propria capacità critica di fronte alla realtà è andare dietro l’ipotesi di qualcuno che con autorevolezza si pone, e propone.

A ben guardare, l’oggetto della nostra osservazione, del nostro studio, della nostra presa di consapevolezza si allarga. Non è solo il mondo, siamo anche noi. La scuola è sì imparare a conoscere il mondo, ma, forse, è anzitutto prendere coscienza di sé in relazione alle cose del mondo: riconoscere di avere già tutto il corredo utile per muovere i passi di conoscenza – certo, da modellare e calibrare nel lavoro insieme – e, soprattutto, di essere strutturalmente carichi di un desiderio che tutto sia per noi. Questo desiderio si alimenta nel rapporto con qualcuno che ci precede e ci accompagna. Oggi ricominciamo, insieme, questo cammino di comunione profonda, volto alla ricerca della verità.

Mi avvio alla conclusione, rendendo nostre queste parole di Eraclito, vissuto a cavallo del VI e V secolo a.C., uno dei maggiori filosofi greci presocratici. Eraclito dice:

Per coloro che sono svegli esiste un mondo unico e comune
ciascuno di coloro che dormono torna nel proprio mondo

Questo è un richiamo prorompente, attualissimo: essere desti è l’unico modo per navigare il mondo reale, alla sua scoperta. In contrapposizione al tentativo di ciascuno di rifugiarsi nel proprio mondo, solo apparentemente sicuro, al riparo dai tentativi di altro a lasciare un segno, a scalfire una scorza che ci piacerebbe, alle volte, avere durissima. L’augùrio che faccio a tutti è che possiamo sempre più aiutarci a ridestarci e ad aprirci all’esplorazione di quel mondo unico e comune, a sostarvi, insieme, per contemplarne le pieghe, anche le più nascoste, affascinanti e sorprendenti.

Chiudo sottolineando un aspetto legato alla vita della scuola che, dopo la sperimentazione dello scorso anno all’Alberghiero, interesserà, a partire da quest’anno, anche i Licei e che ha esattamente lo scopo di favorire che uno re-impari a riappropriarsi del tempo e dell’attenzione necessari per dedicarsi pienamente a questo lavoro insieme di scoperta del mondo. È indubbio che oggi siamo dotati di strumenti tecnologici che ormai non sono più strumenti in senso letterale, bensì estensioni della propria persona, protesi potentissime che aumentano le nostre funzionalità cerebrali e operative, e troppo spesso rischiano di fagocitare chi li usa, sospendendoli in mondi virtuali in cui le cognizioni più semplici – io, tu, ora, qui, vero … – cessano di avere il loro significato canonico. Naturalmente sto parlando dei telefoni, gli smartphone, che portano internet nelle nostre mani e che rischiano di ingabbiare l’attenzione, distogliendola da quello che vogliamo, insieme, mettere a tema. Sia chiaro, il nostro non è un tentativo di demonizzare strumenti utilissimi; occorre però aiutarsi perché tornino a essere tali, cioè strumenti. Uno strumento è legato a uno scopo, e lo si usa esclusivamente per quello scopo: se non devo conficcare un chiodo nel muro non mi aggiro con un martello in mano, non vado a trovare un mio amico a cavallo di un tagliaerba!

Quindi, per aiutarci a tenere lo sguardo fisso su quel brano, su quel testo, su quell’opera d’arte, su quel problema, su quel fenomeno, per aiutarci a riguardarci in faccia, a riaprirci in dialoghi aperti e liberi tra voi studenti e con noi docenti; per aiutarci a non rifugiarsi in mondi solitari e privati, all’inizio della mattina riporrete il vostro telefono spento negli appositi contenitori (la procedura, semplicissima, vi sarà presentata nei prossimi giorni) e potrete ritirarlo al termine delle lezioni. Voglio semplicemente sottolineare, come credo si capisca bene da quanto detto, che questa misura non mira a privare, bensì a riguadagnare una relazione attenta ed efficace con le cose del mondo.

Per coloro che sono svegli esiste un mondo unico e comune
ciascuno di coloro che dormono torna nel proprio mondo

Buon anno e buon lavoro a tutti.

Diego Mansi
– Preside del Liceo delle Scienze Applicate