Sul significato dell’educare

Il suicidio, a distanza di due settimane appena, di due liceali, di due ragazzi nel fiore degli anni, ha scosso alla radice la comunità del Liceo “Frisi” che essi frequentavano a Monza, e ha travalicato i confini della Brianza per imporsi sulle prime pagine della stampa nazionale, profondamente interrogata, come tanta parte del Paese, dalla duplice tragedia.

Interrogata, sì, e interpellata, pro-vocata, a proporre un barlume di senso, ad assumere una posizione costruttiva, capace di o, almeno, aperta a un giudizio sul significato dell’educare e, ancor prima, disposta a riconoscere che un’educazione dell’uomo e del popolo è necessaria più di ogni altra cosa. Un’educazione che metta in moto le energie di un giovane, che vada al cuore di un giovane, che gli allarghi lo sguardo sul mondo e gli additi un orizzonte vasto di vita e di ragioni; e, al contempo, gli mostri una strada su cui camminare con le parole che la illuminino. E gli offra la compagnia di un adulto che si com-prometta, che s’impegni con lui, che per lui e con lui sia disposto a rischiare.

C’è bisogno urgente di adulti, d’insegnanti, di educatori, di genitori… – in ciò, pur nella stessa barca, non siamo uguali, non siamo sullo stesso piano –, i quali spieghino ai giovani in che mondo si trovano, da dove arriviamo, in quale storia sono capitati. Perché questi se ne diano una ragione e trovino pace e bellezza.

C’è bisogno urgente di adulti che vogliano introdurre questi ragazzi alla vita, a conoscere il mondo, per saperci stare, al mondo, in questo mondo così difficile, invadente, tentacolare, e tuttavia mirabile, a testa alta, da protagonisti.

Vogliamo segnalare qualche breve passo, più sotto, di due contributi sul tema educativo che abbiamo trovato di particolare significato e pertinenza alla tragedia dei due ragazzi di Monza.

(1) il recente Discorso rivolto dal Santo Padre Francesco ai partecipanti al convegno sul tema “Education: the global compact”, promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, venerdì, 7 febbraio 2020

(2) l’intervento del prof. Giancarlo Cesana al convegno dedicato a “Luigi Giussani. L’annuncio cristiano nella società post-secolare”, tenutosi a Madrid il 31 gennaio scorso e pubblicato nel numero di febbraio del mensile “Tempi”

Educare non è solo trasmettere concetti, questa sarebbe un’eredità dell’illuminismo che bisogna superare, ossia non trasmettere solo concetti, ma è un compito che esige che tutti coloro che ne sono responsabili — famiglia, scuola e istituzioni sociali, culturali, religiose… — vi partecipino in modo solidale.

Papa Francesco

L’educazione non è semplicemente chiarire le cose, ma è un’attrazione e un indirizzo dell’energia personale, che è provocata al giudizio (cultura), all’azione (carità) e al confronto (missione), in un contesto non individualistico, ma comunitario, fatto di testimonianza e sostegno reciproco. Che cosa può muovere l’energia della libertà? Non certo una verità cristallizzata in dottrina o in precetto morale. Ci vuole entusiasmo…

G. Cesana

Le nuove generazioni devono comprendere con chiarezza la propria tradizione e cultura — questo non si negozia, è innegoziabile —, in relazione alle altre, in modo da sviluppare la propria auto-comprensione, affrontando e accettando la diversità e i cambiamenti culturali.

Papa Francesco

La tradizione, che è lo strumento indispensabile di trasmissione della verità cercata e riconosciuta da chi ci ha preceduto, diventa oggetto di attenzione e interesse quando è proposta in modo vivo, pertinente al presente. «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede», diceva san Paolo, e impossibile perché non c’è la presenza a cui affidarsi.

G. Cesana

«L’unico modo per non vivere alienati in questa società, così terribile nei suoi strumenti di invadenza, è avere il senso della storia, vivere genuinamente la propria crisi, impegnandosi adeguatamente con la tradizione in cui si è nati, con la proposta cristiana, ed è magnifico che questa proposta, unica fra tutte le altre, abbia un carattere così concreto, così esistenziale: sia una comunità nel mondo, un mondo nel mondo, una realtà diversa dentro la realtà, e non diversa per interessi diversi, bensì per il modo diverso di realizzare i comuni interessi».

L. Giussani, Il rischio educativo