Ecco la terza uscita di Maestri, seguito della precedente.

da Dio: un gran Signore

tratto e tradotto da God as a Gentleman, “First Things”, February 2019

Rémi Brague

Questo stile signorile ci dà un’idea di come pensare quel che comunemente è chiamato “problema del male” – e che meglio chiameremmo “mistero del male”. Il quale non è una questione teoretica, bensì pratica. Ciò che ci preme, ciò di cui realmente ci preoccupiamo, non è di dare una spiegazione del male, bensì di eliminarlo. Preferiremmo sbarazzarci del male rinunciando a spiegazioni plausibili, piuttosto che arrivare a una giustificazione del male ordinata e convincente e dover conviverci per sempre. Qualunque discussione sul male ti mette sul filo del rasoio, sicché io azzarderei qualche cauta ipotesi.

Qual è il vero bene del genere umano? Il piacere è soltanto il segno del corretto funzionamento di un processo corporeo che miri a conservare l’individuo (bere, mangiare, scaldarsi ecc.) o a mantenere la specie (il piacere sessuale). Come tale, il piacere è un bene, ma non il bene. Questo tipo di felicità è uno stato psicologico, che, in sé, è moralmente neutro. Per converso, qual è la reale natura del male? È morale: il male è vizio, è la perversione delle nostre doti naturali. Dolore e miseria sono cattivi, sempre e senz’altro, ma non sono le cose peggiori al mondo.

La Provvidenza non ripara da ciò che infine per noi è cattivo, da ciò che non costituisce una minaccia per il nostro bene maggiore, che è la salvezza. Questo succede non già perché Dio non presta attenzione, volge lo sguardo altrove, o semplicemente non c’è. Dio sa, invece, che l’umanità può cambiare da sé. Noi siamo esseri liberi, dunque siamo capaci di conoscere il bene che dovremmo fare, e abbiamo chiara consapevolezza del male che dovremmo evitare. Almeno in linea di principio, possiamo scegliere ciò che è bene e rigettare ciò che è male. Noi possediamo le armi che ci occorrono per combattere il male morale.

Esiste anche il male fisico: terremoti, maree anomale, eruzioni vulcaniche, e così via. Anche in questi casi, l’umanità può trovare soluzioni, purché consideriamo la specie umana nel suo intero dispiegarsi nel tempo. Il che includerà futuri miglioramenti nella conoscenza delle leggi naturali, che a sua volta rafforzerà la nostra capacità di sventare i tremendi effetti del male fisico – come infatti è accaduto lungo la storia dell’uomo.

Da questo punto di vista, dovremmo acconsentire al progresso tecnologico, non ciecamente ma nella misura in cui esso accresce il nostro potere contro i mali fisici. Ciò non vuol dire che Dio resta sempre distante. Ove, per qualche ragione, il subordinato non è in grado di far bene il suo compito, un vero signore non lo lascia nelle peste, ma lo aiuta a ristabilire la corretta funzione al meglio delle sue capacità. L’attenzione ai bisogni degl’inferiori è espressa, in due parole, dalla formula bella, per quanto un po’ ridicola oggi, nella nostra epoca democratica: noblesse oblige. La nobiltà non è un privilegio, ma in certo modo una responsabilità, e in ogni caso un dovere. La più straordinaria applicazione di tale principio è quella in cui Dio interviene nella storia umana perché l’umanità è in serissimi guai, essendo stata indebolita dal peccato. E qui torniamo al paradosso di cui parlavo in principio: un Signore crocifisso, un Signore che dimostra la sua natura aristocratica sulla Croce.

Ma queste sono acque profonde il cui sondaggio lascio per prudenza ai teologi.

2. (fine)