diario dei giorni difficili .39

Ma la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce.
Me stesso.
È stupefacente.
Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà
meglio.
Che vedano come va oggi e che credano che andrà meglio domattina.
Questo è stupefacente ed è davvero la più grande meraviglia della nostra grazia.
E ne sono stupito io stesso.
Ed occorre che la mia grazia sia in effetti di una forza incredibile.
E che sgorghi da una fonte e come un fiume inestinguibile.
Dalla prima volta che sgorgò e da sempre che sgorga.
Nella mia creazione naturale e sovrannaturale.
Nella mia creazione spirituale e carnale e ancora spirituale.
Nella mia creazione eterna e temporale e ancora
eterna.
Mortale e immortale.
E quella volta, oh quella volta, da quella volta che sgorgò, come un fiume di sangue,
dal fianco ferito di mio figlio.
Quale bisogna che sia la mia grazia e la forza della mia grazia perché quella piccola
speranza, vacillante al soffio del peccato, tremante a tutti i venti, ansiosa al minimo
soffio, sia così invariabile, resti così fedele, così dritta, così pura; e così invincibile, e
immortale, e impossibile da spegnere; che quella piccola fiamma del santuario; che
quella piccola fiamma del santuario.
Che brucia eternamente nella lampada fedele.
Una fiamma tremante attraverso lo spessore dei mondi.
Una fiamma vacillante attraverso lo spessore dei tempi.
Una fiamma ansiosa attraverso lo spessore delle notti.
Da quella prima volta che la mia grazia ha sgorgato per la creazione del mondo.
Da sempre da che la mia grazia sgorga per la conservazione del mondo.
Da quella volta che il sangue di mio figlio è sgorgato per la salvezza del mondo. Una
fiamma impossibile da raggiungere, impossibile da spegnere al soffio della morte.
Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza.
E non me ne capacito.
Quella piccola speranza che non sembra niente.
Quella piccola bambina speranza. Immortale.

Charles Péguy
7 maggio 2020

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