diario dei giorni difficili .20

Gran Premio di Montecarlo, 1984. Per gli amanti degli sport motoristici, questa data riporta a immagini indelebili di una corsa sotto una pioggia torrenziale e di un giovane Ayrton Senna che guida la sua Toleman dalla tredicesima alla seconda posizione.

Sembrerà strano paragonare la nostra condizione a delle gare di motori, ma vorrei usare le immagini per parlare di fatica e di riscatto, del travaglio di un uomo che si rialza. E lo fa con impegno, mettendo tutto il suo animo in ogni curva, in ogni frenata, facendo appello a quella forza che lo ha fatto perseverare da quando era un bambino.

Voglio parlare della fatica che sto vivendo in questo periodo, che ormai non consiste più nel cercare metodi con cui riempirsi le giornate. La fatica più grande per me è la rassegnazione alla mia impotenza. Devo prendere consapevolezza del fatto che io non posso fare nulla per le persone là fuori se non stare in casa e cucire mascherine. Ma il fatto che io sia a casa mia, con tutte le comodità, mentre c’è gente là fuori che combatte giorno e notte mi distrugge. Io sono sempre la prima pronta a dare una mano e questa volta, in cui l’aiuto consiste nel, concedetemi la leggerezza, non fare nulla, non so come muovermi, come atteggiarmi, cosa pensare.

L’impotenza la vivo anche di fronte alla consapevolezza che l’uomo non può mai dominare tutto, e che un essere microscopico ha messo in scacco il mondo. Non sto parlando solo in ambito biomedico, sto parlando di quell’ uomo che si credeva padrone del mondo, dell’“homo faber” del ventunesimo secolo, che ora ha visto le sue fragilità.

Voglio parlare della fatica che si fa del cammino di rinascita e perseveranza che ci attenderà, perché un giorno, Dio sa quando, questa vicenda finirà, e non “Andrà tutto bene”. Non sto dicendo che non staremo bene, l’uomo ha sempre trovato quella forza per rialzarsi, e un giorno ricomincerà la routine, ma non la normalità.

Forse è bello attaccarsi all’idea che il giorno in cui finirà questo isolamento correremo ad abbracciarci, a trovarci, a fare lezione di persona. Ma non sarà così. Crediamo davvero che ci potremo dimenticare di tutto questo in un giorno solo? In una settimana? Io uscirò distrutta da questa quarantena, con il cuore e la coscienza in pezzi. Andrò da mia nonna, grata di rivederla, ma consapevole di tutti quei nipoti che non potranno più abbracciare la loro. Ascolterò i miei professori consapevole che dei ragazzi hanno perso i loro.

E sarà una delle gare più estenuanti.

Prisca Manzoni
8 aprile 2020

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