diario dei giorni difficili .19

Dopo l’entusiasmo iniziale, i commenti e i suggerimenti degli amici, mi sembra che sia calato il silenzio. Come quello slogan tanto declamato nei giorni scorsi con striscioni su tanti balconi, dentro e fuori le nostre case, gli applausi, le canzoni alle finestre… tutto concluso.

# andràtuttobene… E se così non fosse?

La grande sfida che ci attende non è questione di pessimismo o di ottimismo, ma di realismo. Paura, fatica, dolore, morte non sono estranee a nessuno, cominciano a raggiungere anche affetti a noi cari; parenti, amici, e vicini ne fanno esperienza.

Una donna semplice che ieri ho chiamato mi raccontava che quando era piccola di fronte ad un dramma, perfino ad una tragedia, nessuno si poneva il problema di dire o come dire, o di nascondere ai bambini e ai giovani queste cose: erano considerate parte della vita, naturali, normali. E quei bambini e quei giovani sono diventati grandi senza gravi traumi.
Perché, mi domando? Io che mi preoccupo delle ricadute, dei traumi che questa situazione avrà sui bambini, sui giovani, sulle mie figlie…

“La speranza non è per nulla uguale all’ottimismo. Non è la convinzione che una cosa andrà bene, ma la certezza che questa cosa ha un senso, indipendentemente da come andrà a finire” (Vaclav Havel). Allora il lavoro che devo fare e che è mio compito consegnare a colleghe e genitori, è proprio su queste parole: certezza e senso.

Il problema è di noi adulti: su cosa poggia la certezza che tutto ciò che sta accadendo ha un significato, che c’è una speranza? Occorre usare la ragione nel guardare ciò che accade.

Cosa è il bene tanto menzionato?

Io vedo e sento in questa quarantena, fatti, gesti di umanità, tentativi di persone di non lasciare ‘solo’ chi è in difficoltà. Vedo gente che sta cambiando. Il cuore dell’uomo è proprio fatto per il bene. E quanto bene sento domandare e vedo ricevere!
Io, ma credo tutti, mai come ora, facciamo esperienza del nostro bisogno di Qualcuno che dia significato, anzi che sia il significato della vita.

Nelle nostre case, nelle nostre scuole, a Natale, abbiamo festeggiato un Bambino che poi si è posto nel mondo dicendo di essere la Via, la Verità e la Vita, che è morto e Risorto, ed è Presente qui ed ora.

La speranza cristiana quindi, non coincide con il ‘lieto fine delle favole’.

È la certezza che #tuttoconcorrealbene perché un Altro conduce la Storia.

La frase dell’hashtag è di una mistica vissuta alla fine del 1300: il Signore stesso la pronuncia con una tenerezza infinita: ‘Tutto sarà bene’ nella certezza dell’amore di Dio.

Quel ‘tutto sarà bene’ di Giuliana di Norwic è collocato nello stesso sguardo del “tutto concorre al bene per coloro che amano Dio” della lettera di San Paolo ai Romani.

E quell’orizzonte di eternità desidera anche oggi lo sguardo di ognuno di noi.

Graziella Zappini
7 aprile 2020

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