diario dei giorni difficili .36

Padre Felice nel Lazzaretto

Nei “Promessi sposi”, padre Felice Casati rivolge una predica ai guariti dalla peste nel Lazzaretto. Ecco da dove (e come) nasce una società nuova

In questi giorni in cui la preoccupazione si alterna alla speranza e il disagio di tante persone pesa di più per il protrarsi nella vita quotidiana di condizioni non abituali, può far bene rileggere un testo non tra i più noti del romanzo manzoniano. Si tratta della predica di padre Felice Casati che accompagna il congedo di chi nel Lazzaretto è guarito dalla peste. Il personaggio è storico: egli era il superiore dei frati ai quali era stata affidata dalle autorità civili la cura dei malati; le parole, tratte dalle cronache del tempo, rivelano la severità benefica del cattolicesimo di Manzoni, parole commoventi anche perché avvalorate da una dedizione straordinaria.

“Diamo un pensiero ai mille e mille che sono usciti di là –; e, col dito alzato sopra la spalla, accennava dietro sé la porta che mette al cimitero detto di san Gregorio, il quale allora era tutto, si può dire, una gran fossa: – diamo intorno un’occhiata ai mille e mille che rimangon qui, troppo incerti di dove sian per uscire; diamo un’occhiata a noi, così pochi, che n’usciamo a salvamento. Benedetto il Signore! Benedetto nella giustizia, Benedetto nella misericordia! Benedetto nella morte, Benedetto nella salute! Benedetto in questa scelta che ha voluto far di noi! Oh! perché l’ha voluto, figliuoli, se non per serbarsi un piccol popolo corretto dall’afflizione, e infervorato dalla gratitudine? se non a fine che, sentendo ora più vivamente, che la vita è un suo dono, ne facciamo quella stima che merita una cosa data da Lui, l’impieghiamo nell’opere che si possono offrire a Lui? se non a fine che la memoria de’ nostri patimenti ci renda compassionevoli e soccorrevoli ai nostri prossimi?”

Ecco il tessuto biblico della predica di padre Felice: Dio salva un resto, perché conservi la speranza e custodisca la memoria dell’alleanza cui Dio non verrà mai meno.

“Questi intanto, in compagnia de’ quali abbiamo penato, sperato, temuto; tra i quali lasciamo degli amici, de’ congiunti; e che tutti son poi finalmente nostri fratelli; quelli tra questi, che ci vedranno passare in mezzo a loro, mentre forse riceveranno qualche sollievo nel pensare che qualcheduno esce pur salvo di qui, ricevano edificazione dal nostro contegno. Dio non voglia che possano vedere in noi una gioia rumorosa, una gioia mondana d’avere scansata quella morte, con la quale essi stanno ancor dibattendosi. Vedano che partiamo ringraziando per noi, e pregando per loro; e possan dire: anche fuor di qui, questi si ricorderanno di noi, continueranno a pregare per noi meschini. Cominciamo da questo viaggio, da’ primi passi che siam per fare, una vita tutta di carità. Quelli che sono tornati nell’antico vigore, diano un braccio fraterno ai fiacchi; giovani, sostenete i vecchi; voi che siete rimasti senza figliuoli, vedete, intorno a voi, quanti figliuoli rimasti senza padre! siatelo per loro! E questa carità, ricoprendo i vostri peccati, raddolcirà anche i vostri dolori”.

Viene tratteggiata una nuova socialità, basata sul dolore e sulla fede, pronta a soccorrere chi è nel bisogno con la preghiera e con l’azione della carità.

“Per me e per tutti i miei compagni, che, senza alcun nostro merito, siamo stati scelti all’alto privilegio di servir Cristo in voi; io vi chiedo umilmente perdono se non abbiamo degnamente adempito un sì gran ministero. Se la pigrizia, se l’indocilità della carne ci ha resi meno attenti alle vostre necessità, men pronti alle vostre chiamate; se un’ingiusta impazienza, se un colpevol tedio ci ha fatti qualche volta comparirvi davanti con un volto annoiato e severo; se qualche volta il miserabile pensiero che voi aveste bisogno di noi, ci ha portati a non trattarvi con tutta quell’umiltà che si conveniva, se la nostra fragilità ci ha fatti trascorrere a qualche azione che vi sia stata di scandalo: perdonateci! Così Dio rimetta a voi ogni vostro debito, e vi benedica”.

Così dai secoli viene una parola antica e sempre nuova, che possiamo accogliere con il suo contributo di pace anche oggi, dentro una imprevista e comune prova.

Laura Cioni
4 maggio 2020

diario dei giorni difficili