diario dei giorni difficili .3

In questi giorni di faticosa reclusione mi rendo conto di amare il mio quotidiano. Quotidiano che prima era fatto di volti veri, umani. Volti che esprimevano fatica e una specie di noia causata dall’esaustiva routine di una giornata qualunque. Solo ora mi rendo conto che quei volti, di amici, di professori, di parenti sono la mia vita. Non per essere sentimentale ma la nostalgia che pervade queste mie giornate desidera quella quotidiana fatica. Ora il mio tempo è stravolto da questa che definiamo quasi impercettibilmente una epidemia, un nemico della società che blocca l’economia e causa solitudine e dolore. Molto spesso mi limito a vedere questa reclusione come una assoluta disgrazia da cui non poter trarre niente al di fuori di uno smisurato senso di impotenza e nullità. Cerco un modo di colmare le mie giornate sbagliando in partenza. Perché colmare le giornate quando invece posso viverle? Perché non vedere una occasione unica in questa quarantena? Occasione per approfondire meglio ciò che mi viene chiesto: stare in casa, seguire le lezioni online, studiare per quanto mi risulti difficoltoso.

Inizialmente ho accolto le lezioni della mattina solo come modo di riempire l’interminabile durata del mattino. Ora mi sono reso conto che non c’è niente da colmare perché le lezioni non si sostituiscono al mio senso di nullità, ma mi rendono più uomo, più capace di cogliere anche attraverso lo studio la realtà che ora mi circonda. Una realtà unica, ma non per questo sbagliata, una realtà che mi mette alla prova. In questi giorni inizio a chiedermi cosa valga davvero, su cosa investire e sebbene io butti via il tempo riconosco di dover ancora crescere. Sebbene io spesso mi perda in cose da nulla, in altri momenti mi rendo conto della bellezza delle cose. Per esempio oggi ho studiato tutto il pomeriggio storia per una interrogazione di domani: mai mi ero accorto così tanto del mio desiderio di conoscere le origini della nostra società, quelle origini più recenti.

La mia realtà ora è questa e ringrazio i professori per le lezioni che ci preparano, non più ora motivo di dovere; certamente c’è un aspetto di dovere in quello che faccio. Ma non più un dovere meccanico, puramente in virtù di una valutazione, ma dovere che sento nei miei confronti, un dovere che mi fa crescere, che mi rende più maturo e capace di affrontare con serenità e uno strano senso di bellezza anche questa situazione così faticosa dalla quale non sembra esserci via di uscita.

Giacomo Costanzi
19 marzo 2020

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