Saluto agli studenti

dell’Alberghiero “don Gnocchi”

Carate B., mercoledì 10 settembre 2025

Buongiorno a tutti, desidero dare il benvenuto ad alcuni di voi e, con gioia, voglio dire bentornati a tutti coloro che rientrano qui per la prima volta da giugno.

A dire il vero, è oggi il nostro biennio, le classi del nostro “quadriennale” che aprono le porte e accolgono voi studenti più grandi del triennio: loro infatti hanno già cominciato le lezioni da una settimana! Desidero dunque esprimere un caloroso saluto ai nuovi studenti del primo anno, che prego di alzarsi in piedi!

Oggi, care ragazzi e care ragazze, non è un giorno come gli altri, oggi è il primo giorno di scuola, è un inizio, ed è anche un grande inizio per la scuola in cui tutti noi siamo: il Don Carlo Gnocchi.

Oggi, in questo istante, a pochi passi da qui, si aprono le porte di un nuovo edificio scolastico, una nuova “casa” per gli oltre cinquecento nostri colleghi del liceo, una casa che è anche nostra.

Cosa significa iniziare? Che speranza c’è nell’inizio? Cosa porta con sé l’aspettativa – pur forse ottenebrata dall’umore storto, o magari confusa dall’agitazione – con cui ognuno di noi oggi entra qui e guarda, come attraverso una lente, un nuovo anno che gli si apre davanti?

Cosa c’entra questo inizio con il fatto che viene su una scuola, un edificio in mattoni e cemento, che prima non c’era?

Vorrei che consideraste che tutto questo poteva non esserci. Ci sarà il modo e la circostanza per poterla vedere con gli occhi, questa nostra nuova scuola. Ma anche l’atrio in cui vi trovate adesso, il Bar, il Ristorante Didattico con tutte le opere d’arte che imparerete a riconoscere a prima vista, che coloreranno la coda dei vostri occhi quando sarete intenti a far accomodare i clienti, mentre verserete loro acqua e vino, quando ritirete le mise en place. Pensate: poteva non esserci niente. Se tutto questo c’è, è per un atto di libertà.

Cos’è la libertà? Quanti uomini e donne del passato si sono posti questa grande domanda? Quanti ancora se la pongono oggi?

La libertà è la forza, è l’energia di aderire alla realtà. Questa scuola c’è, per noi, perché qualcuno si è preoccupato di cominciare e di costruirla.

Su cosa poggiavano gli uomini e le donne che hanno cominciato? Su una loro idea? Su un loro sforzo? No. Si appoggiavano sulla verità che avevano trovato nella loro vita. Su qualcosa di talmente grande e di talmente vero, per cui non hanno potuto non costruirla questa scuola!

Vorrei che ricordaste che solo la verità rende liberi. La scuola serve a questo: a cercare, ad approfondire, a giudicare, ad amare la verità, il senso per cui siamo al mondo.

Il Papa ha recentemente detto questa frase, rivolgendosi alle suore agostiniane:

“…una cultura senza verità diventa strumento dei potenti: anziché liberare le coscienze, le confonde e le distrae secondo gli interessi del mercato, della moda e del successo mondano”.

SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV ALLE SUORE AGOSTINIANE SERVE DI GESÙ E MARIA, Sala del Concistoro Sabato, 5 luglio 2025

Solo la verità libera! Diversamente una schiavitù di qualsiasi sorta è sempre in agguato, si può essere infatti schiavi anche solo delle proprie immagini, o delle proprie paure o addirittura delle proprie fantasie, quando esse non siano giudicate secondo verità.

Torno a ripetervi che la libertà è la forza di aderire a quel che c’è. E quello che c’è, per il solo fatto che esiste, ha un senso, un senso profondo che chiede soltanto di essere ricercato e scoperto.

Tale conformazione naturale ha un nesso indissolubile con l’evento umano che chiamiamo “lavoro”. Occorre chiedersi cosa sia il lavoro, se non proprio l’espressione più concreta dello scopo per cui si fanno le cose.

Oggi, mentre per i licei si aprono le porte di un nuovo edificio, per voi qui si apre il protagonismo di un’avventura avvincente che nemmeno vi immaginate!

Oggi il lavoro è una fatica da cui tutti cercano – riuscendoci o meno – di fuggire, addirittura qualcosa da lasciar fare solo alle macchine, da affidare all’automazione. Quale riduzione dell’ampiezza d’orizzonte umano porta con sé una visione di questo genere. Il lavoro è invece la forma più umana di conoscenza, è il modo più umano di cercare la verità, il senso. Una donna, un uomo, non si sforza solo per eseguire bene le cose che ha da fare, ma per esprimere sé in ogni gesto che compie. Ciascuno esprime sé stesso in ogni cosa che fa.

Noi andiamo ripetendo questa affermazione da quando è nato l’Alberghiero, diciassette anni fa. Il Ristorante Didattico, alle vostre spalle, fu aperto subito al pubblico perché non si intendeva fare una scuola che fosse una palestra, ma un luogo di apertura alla realtà, di affronto della realtà totale. Mai avremmo potuto fare un Ristorante per finta, non potevamo che aprire subito i battenti del nostro Ristorante a clienti in carne e ossa. Oggi, dopo diciassette anni, questo modo di guardare all’educazione professionale ha cominciato a essere condiviso da molte più persone ed enti, inizia persino a parlarne in questo modo il Ministero dell’Istruzione, che, finalmente, ha valorizzato in modo straordinario gli indirizzi scolastici professionali.

Come sapete, ha intrapreso l’iter di una riforma, di cui ormai quasi metà della nostra scuola fa parte: la riforma della filiera professionale, mettendo al centro il lavoro come forma di conoscenza, mostrando tutta la forza e la dignità del percorso professionale. Questo, anche per una ragione molto evidente: il 40% delle occupazioni professionali in Italia non è coperto da nessuno. Tutta l’Italia guarda con grande speranza al vostro percorso, avete una grande e bella responsabilità! C’è una potenzialità di espressione, di intrapresa, di avventura in quello che avete da imparare che è impressionante.

Qui, al Don Gnocchi, desideriamo che ognuno di voi esprima sé fino in fondo, non ci interessa tirar su degli esecutori, ci interessate voi, abbiamo il desiderio che possiate esser liberi.

C’è una strada, in greco strada si dice metodo, c’è un metodo. E un metodo, grazie al cielo, è anche costituito da indicazioni semplici. Curate questo: di fare attenzione a queste tracce di metodo, perché rappresentano una bussola preziosa:

1) Osservare. Un grande medico chirurgo del 900, Alexis Carrel, diceva:

poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità

Alexis Carrel, Riflessioni sulla condotta della vita

In classe, in Laboratorio, al Ristorante osservare significa innanzitutto ascoltare. A noi non piace il mutismo, ma il suo contrario: l’ascolto. Per ascoltare non si può pensare di sapere già, bisogna mettersi in discussione con tutto sé stessi.

2) Giudicare. Tutto quel che succede qui è sottoposto al vostro giudizio. Ma per giudicare bisogna avere un criterio di paragone. Il nostro grande desiderio è che voi, osservando, ascoltando, troviate un criterio col quale giudicare tutto quello che noi vi porteremo come bagaglio dalla tradizione: letteraria, matematica, storica, gastronomica, economica, scientifica, culinaria…

3) Saper dare le ragioni delle vostre scelte. Che voi sappiate dare un nome a quello che vi trovate davanti, che sappiate dire, ragionare, render ragione delle vostre scelte.

4) Ultimo e condizione necessaria per tutto quanto detto sopra: ci vuole un luogo. Bisogna abitare questo luogo come fosse casa propria. Voi qui potete stare per tutto il tempo che ritenete utile per poter fare un’esperienza di conoscenza. Potete fermarvi al pomeriggio per esempio, se ne avrete il desiderio. Noi non facciamo un collegio, sia ben chiaro che non ci interessa questo. Ma la scuola è sempre aperta, ogni pomeriggio c’è un professore che, a titolo grautito rimane qui, per tenere aperta la scuola. Per quale ragione lo facciamo? Per aiutarvi a fare una grande scoperta: studiare non è un peso insormontabile da affrontare da soli chiusi nella propria stanza. Questo è il modo migliore per smettere di studiare.

Ragazzi, ragazze, vi invito a studiare insieme! Questo luogo al pomeriggio è aperto per questo scopo: che possiate studiare insieme, darvi una mano, ripetere, chiedere, sia ai compagni che ai professori. La fatica diventa un macigno insostenibile se affrontato in solitudine. Si trasforma però in una grande avventura se vissuto insieme.

Questo è l’augurio che tutti noi docenti vi facciamo per questo anno che inizia oggi.

Barbara Micheli
Preside dell’Istituto Alberghiero