Il “don Gnocchi” in scena a Rimini e Bergamo

“La bottega dell’orefice” di Karol Wojtyla

al Meeting e al deSidera Festival

Prossima replica

martedì 2 Settembre 2025,
nel corso del deSidera Bergamo Festival, a Gorle,
Santuario della Madonna Nera di Czestochowa, Viale G. Zavaritt 167.

In caso di maltempo: Auditorium del Centro Culturale, via Marcon 5

ore 21.15

Link: https://www.teatrodesidera.it/spettacoli/la-bottega-dellorefice/

Credito fotografico: foto Meeting Rimini 2025

Visita la galleria completa

Lunedì 25 agosto, a Rimini, nel contesto della 46a edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli , alla presenza di un nutrito pubblico, sono tornate in scena, dopo lo spettacolo dello scorso ottobre, le parole di Karol Wojtyla, affidate alle voci e ai corpi degli allievi del nostro Istituto, con la guida del regista Andrea Carabelli e delle docenti Marina Fumagalli e Marta Parravicini.

L’opera, composta da Wojtyla prima di diventare arcivescovo di Cracovia, è un esempio di “teatro rapsodico”, fatto di parola, impreziosita dalla presenza essenziale della musica, eseguita dal vivo, al pianoforte e al violino, dagli studenti stessi, sotto la direzione della maestra Simona Ghezzi.

La scena è abolita, come l’azione. Ogni personaggio (interpretato da più attori per sottolineare l’universalità delle vicende) riflette sul senso dell’amore in una confidenza intima al pubblico. Tutta l’attenzione è rivolta al rapporto, al legame, alle domande che attraversano i protagonisti.

Una scelta impegnativa. Coraggiosa. Affidare il pondus, il peso, di queste meditazioni sul sacramento del matrimonio alle voci, ai gesti, ai corpi di una trentina di ragazzi delle scuole superiori!
Una scelta capace, attraverso la voce dei giovani, di interrogare il cuore di tutti.

Il dramma racconta le vicende, tra loro intrecciate, di tre coppie alle prese con l’amore e il matrimonio, a tenerle unite, un luogo simbolico: la Bottega dell’Orefice, dove si scelgono le fedi nuziali e si soppesa, con misteriosa precisione, il peso dell’anima umana.

Per prima la coppia formata da Andrea e Teresa, dal giorno del fidanzamento, quando si comincia a “presentire il peso della vita”, al matrimonio, ai figli, alla guerra in cui Andrea, marito e padre, trova la morte: “Perché l’uomo non riesce a durare nell’altro senza fine e l’uomo non basta”.

Poi è la volta di Stefano e Anna, quando comincia a dominare l’estraneità, si apre una crepa e l’amore tace, mentre al suo posto parlano rancore e delusione. Tutto pare frantumarsi.

L’amore (dice Adamo, personaggio fuori dal tempo, che incarna l’uomo, ad Anna, la quale vorrebbe disfarsi della fede nuziale, ormai per lei divenuta inutile peso) non è un’avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. È il peso di tutto il tuo destino. Non può durare un solo momento. L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore. Ecco perché si ritrova nella dimensione di Dio – solo lui è Eternità. L’uomo si tuffa nel tempo. Dimenticare, dimenticare. Esistere solo un attimo, solo adesso – e recidersi dall’eternità. Prendere tutto in un momento e tutto subito perdere.

Ma se anche l’uomo “si recide dall’eternità” e se ne va, fino a buttarsi via, non così lo Sposo, che viene e che resta.

Lo Sposo passa per questa strada e passa per tutte le strade! Come posso persuaderti che tu sei la Sposa (dice ancora Adamo ad Anna). Bisognerebbe adesso perforare la crosta della tua anima come quando nel sottobosco e nel suolo si cerca la sorgente d’acqua tra il verde. Sentiresti allora il richiamo: oh, mia amata, tu non sai quanto mi appartieni, non sai quanto appartieni al mio amore e alla mia pena – perché amare vuol dire donare la vita attraverso la morte, amare vuol dire sprigionare dalle profondità dell’anima l’acqua viva della sorgente, l’anima che brucia, arde senza fiamma, ma non riesce a ridursi in cenere.

Infine, è la volta di Monica, figlia di Anna e di Stefano, gli estranei, e Cristoforo, figlio di Teresa e di Andrea, morto in guerra. Monica sconta la pena dell’amore tradito.

Dice Teresa, la vedova, quasi tremando:

Ecco l’eredità di Monica; la spaccatura di quell’amore si è impressa così profondamente in lei che anch’esso prende origine da lì. […] Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte invece no – l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione una esistenza e un amore – come farne un insieme che abbia senso?.

Lasciatevi toccare da queste parole. Perché parlano di ognuno di noi.