Saluto del Rettore agli studenti del DCG

Carate B., lunedì 12 settembre 2022

Πάντα δοκιμάζετε, τὸ καλὸν κατέχετε
I Lettera ai Tessalonicesi 5,21

Esaminate tutto, trattenetene il bello, costruite il mondo
Cari studenti, cari amici,

già il solo vedersi radunati su questo prato – tra alunni e docenti siamo circa 850 persone! – fa davvero impressione: ci fa capire a colpo d’occhio che la nostra comunità scolastica non soltanto è grande, ma ci invita, ci spinge, a un compito grande, immenso: crescere, diventare grandi e più intelligenti e contenti della vita.

Già, la vita: la vita Vostra, la mia, la tua personale, quella del tuo compagno di banco – a proposito: i banchi tornano a unirsi, non ci sono più né separazioni forzate nelle aule né l’obbligo d’indossare mascherine –, la vita, dicevamo. La nostra vita, adesso, in questo spazio di convivenza quotidiana, è quel che conta, e la scuola che oggi cominciamo serve a questo, per vivere meglio, per vivere bene, da esseri umani liberi. O la scuola serve alla vita o non c’interessa. Lo sapete anche Voi: senza dubbio lo sanno i ragazzi che sono qui per la prima volta, e più ancora quelli che per diversi motivi negli ultimi anni hanno sofferto, per aver perso un genitore o un nonno o un caro amico a causa di una malattia o del virus dell’epidemia, oppure per aver perso la speranza di farcela o la fiducia di sentirsi amati. Per molti di noi la scuola, grazie al Cielo, è stata ed è una solida compagnia e un sostegno.

Vorrei tanto che non fosse, la mia, una predica dal pulpito, il solito discorso del Capo, ma invece che le mie parole arrivassero a Voi a uno a uno, personalmente. Ecco, il fatto che io da Rettore e con me gl’insegnanti e i Presidi siamo qui per aiutare ciascuno di Voi a camminare insieme fino al compimento dell’anno di scuola che oggi comincia, a realizzare il compito grande che abbiamo davanti, già questo è il segno che, anche se ognuno dovrà metterci il proprio sudore e impegno, il peso del camminare non è lasciato a Voi stessi nella solitudine, nella fatica solitaria, nel timore di essere abbandonati. Il cammino, lo facciamo insieme, docenti e studenti, da compagni di strada, da amici leali che si ricordano l’un l’altro la meta verso cui siamo incamminati e si danno una mano nel bisogno, facendo insieme e giudicando i nostri comportamenti, ché senza amicizia, senza amore alle persone e alle cose, senza amore al bene e allo scopo da ottenere, da soli non riusciamo a scorgerne il senso e la bellezza. Diventa tutto più difficile.

Come vedete, non Vi sto nascondendo la fatica: quella c’è e ci sarà sempre, e la nostra di adulti non è di meno di quella di un adolescente; ma la fatica o, meglio, il lavoro è bello e ha senso e dà gusto quando è chiaro lo scopo per cui una cosa è fatta. Allora la fatica è buona, non è gravosa, mentre senza scopo diventa insopportabile e ci abbatte. Non c’è felicità senza uno scopo a cui tendere. Se vogliamo far festa a un compagno che compie gli anni, quella festa andrà organizzata, preparata: invitare gli amici, far la spesa, cucinare i cibi, provare i canti, inventare giochi ecc., e finalmente viene il giorno, e il festeggiato è felice, magari si commuove, si ride, si scherza, si balla e… di tutti gli sforzi di prima nemmeno ci si ricorda più. È lo scopo della festa che ti ha fatto fare i preparativi e dedicare tempo ed energie perché l’amico fosse contento, e tu con lui. Lo stesso succede quando si affronta una salita in montagna con centinaia di metri di dislivello e il respiro in affanno, ma la gioia della cima raggiunta ti ripaga dello sforzo della lunga marcia. Così è la gara per un atleta. Per non parlare di una mamma che per nove mesi porta in grembo una nuova vita fino al duro travaglio del parto: in quel momento sono letteralmente annullati tutti i dolori patiti dinnanzi alla neonata creatura, alla vita nuova tanto attesa. Insomma, è lo scopo il motore delle decisioni e delle azioni delle nostre giornate, quello che ci dà la ragionevole speranza di camminare sulla buona strada e giungere al traguardo del viaggio.

Che strada abbiamo davanti? In partenza, sono certo che siete qui col desiderio e l’aspettativa di fare qualcosa di bello secondo l’interesse che Vi ha mossi a iscriverVi o re-iscriverVi all’Alberghiero o a un Liceo. Guardate che questa non è mica cosa da poco o da dare per scontata; al contrario, è la materia prima del Vostro investimento. La scuola, la fate Voi, certo, e però la fate coi Vostri docenti, che fanno da apripista e battistrada e forniscono quasi tutto l’occorrente nelle materie che insegnano: presentano e spiegano le cose, i problemi, suggeriscono le vie da prendere, dettano i tempi, chiariscono i nodi difficili, valutano, incoraggiano, correggono; ma nello stesso tempo sono lì per essere interpellati, interrogati, incalzati con le Vs domande, i dubbi, ma anche i suggerimenti e le proposte che sarete in grado di fare. Non se ne stanno, loro, nel recinto della loro cattedra o della loro aula: si compromettono con Voi, sono ben contenti di venirVi in aiuto: basta che glielo chiediate, anzi, lo fanno comunque. Si compromettono, cioè “s’impegnano con Voi in una reciproca promessa” di bene, carica di bellezza e di affetto.

Ecco, ciò che Vi diciamo, fin d’ora, è che la scuola non si può fare senza le Vs domande, la Vs ricerca di senso, con la volontà anzitutto di capire e, più ancora, verificare quello che i docenti Vi offrono nei contenuti didattici affinché diventino Vostri. Che vuol dire verificare? Vedere se la proposta che Vi fanno è vera o falsa, se è bella o brutta, se Vi cambia o Vi lascia tali e quali. Gl’insegnanti non sono i Vs avversari: sono i Vs primi alleati, e di un alleato – in guerra, in un’impresa, in una gara – ci si fida, non puoi non fidarti: ne va del risultato. Il lavoro da fare è tuo, e nessuno te lo toglie; ma da soli il rischio di fallire il bersaglio, di non riuscire, o di restare delusi, è molto alto. Fidatevi, affidatevi ai Vs proff.! E quando Vi sembra di non farcela, chiedete aiuto! Un tale modo di pensare e di vivere la scuola è l’opposto dell’autonomia, del presumere di esser già capaci di gestire il lavoro, il tempo e i rapporti per conto proprio – salvo poi dare agli altri la colpa dei nostri fallimenti. Soltanto chi si fida di un maestro, solo chi accetta il dono gratuito di un maestro, con gratitudine, quello saprà costruire.

A questo punto, qualcuno di Voi penserà: « Vabbè, ho capito, cercherò di fare quel che mi dicono per imparare, allinearmi alle richieste e portarmi a casa l’anno senza danni e senza rotture di scatole degli adulti ». Ma io Vi dico di no, non si tratta di questo. Intanto, difficoltà, ne incontrerete (è praticamente sicuro), e non esistono ricette o distrazioni o compagnie o “sostanze” che possano toglierVele; al più possono temporaneamente addormentarne il sentore, renderVi insensibili, farVele scordare per un po’, ma poi si ripresentano, pressanti. La vita è fatta di problemi, e meno male che ci sono, se no non capiremmo com’è fatto il mondo e di che cosa siamo davvero capaci, vivremmo come automi, come robot programmati per eseguire certe operazioni e solo quelle, senza neanche la possibilità di scoprire cose nuove e di scoprirci persone nuove noi stessi. Saremmo come morti viventi. Si tratta invece di guardare e, appunto, scoprire quel che c’è nel mondo: una realtà senza fine – “mistero senza fine bello”, dice un poeta della donna, ovvero il simbolo della bellezza stessa del creato – e che ti muove a cercarla, la realtà, a studiarla, a conoscerla, e più la conosci nella sua vastità, nei suoi dettagli e nella sua razionalità, più te ne innamori.

E non solo questo. C’è sì il gustare la bellezza della realtà, il bello e il buono di tutte le cose e delle persone, di ciò che vedi, tocchi, senti e di quanto cogli con gli occhi, col cuore e con la mente; ma oltre tutto ciò, ti rendi conto, via via che impari e cresci, che tu stesso sei chiamato e sei in grado di trafficare con la realtà – “metter le mani in pasta”, come sanno bene i ragazzi dell’Alberghiero o delle Scienze applicate –, di dire il tuo parere e avanzare le tue proposte, cioè di dare il tuo contributo all’opera comune, che è d’indagine e di conoscenza, ma pure di costruzione. Non sei troppo giovane per fare la tua parte attiva, per dare il tuo originale apporto a dare ordine – bellezza – in quel pezzo di mondo in cui vivi, appunto per costruirlo. Fare il Liceo o l’Alberghiero è impresa da grandi, non da scolaretti, e i grandi sono coloro che si assumono una responsabilità, con decisione. Anche a 14 anni si può benissimo rispondere a uno che ti chiama a un compito così. Chi studia alle Superiori sta svolgendo un lavoro – il lavoro che si diceva –, non è uno che “si prepara” a un lavoro nel futuro. Chi studia alle Superiori si assume la responsabilità della scuola scelta: come? Imparando a esser presenti ogni mattina, a rispondere all’appello che la vita ci fa, a dire ogni volta: « ci sono », dentro il tratto di cammino guidato, accompagnato, assicurato, dai docenti coi quali si è al lavoro. Non siete più scolaretti che fanno i compiti per compiacere alla maestra o far contenti i genitori. C’è ben altro e urgente da fare: l’impresa di scoprire il mistero e il senso della realtà, di dare un nome alle cose che veniamo acquisendo, di metterle insieme in un ordine, come fossero i muri e le stanze di una casa, e lo facciamo con tutte le nostre facoltà: con l’intelligenza, con le mani, con la voce, col cuore.

Da amici veri che desiderano il bene, la nostra piena maturazione. Con la gioia di lavorare insieme.
Luca Montecchi

Riassumendo: in una scuola, questo è il lavoro da fare:

  1. in primo luogo, per capire le cose è necessario uscire da sé, andare incontro alla realtà;
  2. stare attaccati alle cose: poco o tanto bisogna amarle se vogliamo coglierne il significato e i legami sorprendenti che le uniscono;
  3. prender sul serio tutto ciò che i professori ti offrono: senza risparmio, senza incertezze, mettendoci l’anima, cioè la Tua stessa persona;
  4. indagare, comprendere e vagliare tutto: cioè criticarlo, rischiare un giudizio;
  5. trattenere il bello, quel che vale per Te, ciò che rende più ricca e gustosa la vita, che Ti mette la voglia di cominciare di nuovo ogni giornata;
  6. impegnarsi a costruire il pezzo di mondo che abitiamo.