.saluto del Rettore agli studenti del DCG

Carate B., lunedì 13 settembre 2021

Πάντα δοκιμάζετε, τὸ καλὸν κατέχετε
I Lettera ai Tessalonicesi 5,21

Cominciamo oggi un nuovo anno di scuola, e non è cosa ovvia. Per due ragioni principali.

  1. Intanto, non lo è dopo che negli ultimi due anni, come tutti sappiamo, la frequenza delle lezioni non c’è stata, o è andata a singhiozzo, e per troppo tempo siamo stati obbligati a confinarci nelle nostre camere, con grandi difficoltà di ogni genere, specie per quanti non potevano disporre di spazi confortevoli e non esser disturbati. Per non dire della deprimente tristezza di applicarsi a contenuti di studio che richiedono l’ambiente vivo di una classe: di insegnanti presenti in carne e ossa, di compagni vicini che ci aiutino.
  2. Ma il fatto che oggi si apre un nuovo anno è comunque una novità, la novità dei nostri giorni. E se è nuovo non è ovvio, non è scontato, non è uguale alle brutte abitudini di prima. Questo nuovo anno, infatti, non lo conosciamo, non sappiamo che cosa ne verrà: non possiamo che tenere gli occhi aperti ed esser disponibili a scoprirlo. E sono certo che non soltanto gli ultimi arrivati, gli studenti delle classi Prime o quelli che si sono trasferiti da altre scuole, ma ciascuno di Voi ha nel cuore il desiderio, la speranza, che gli càpiti qualcosa di bello, di fare qualche bella scoperta. Ma che non sarà quella che s’immagina, quella che si ha in mente, ma quella che avverrà, che ci arriverà, che ci verrà incontro: sennò che scoperta sarebbe?

Ciò che è nuovo, ciò che comincia, ciò che s’inizia è il bello di sempre. Uno scrittore come Cesare Pavese – poeta e narratore fra i più importanti della nostra letteratura – lo esprime con parole tanto semplici quanto indimenticabili: “L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante”. Io non so se il cominciare sia l’unica gioia, ma di sicuro è una delle gioie più grandi della vita: basti pensare a un bimbo che nasce e arriva in una casa che prima non lo aveva; oppure pensiamo a quando ci s’innamora: un evento sconvolgente che non avevamo preordinato né potevamo programmare prima che facessimo la scoperta di quella persona che ci ha colpiti e affascinati. E lo stesso avviene di certi compagni o di certi professori: ci cambiano la vita.

Detto questo, se è bello cominciare, o ricominciare, è anche più bello andare avanti a scoprire che cosa c’è dopo, o sotto, o dietro la cosa che ti ha affascinato: qui comincia il lavoro. È il lavoro di capire, di scavare, di approfondire, di vedere se una cosa che pareva bella è anche vera, non solo una maschera o un’illusione: come di certi orologi di marca all’apparenza, in realtà delle patacche. Perché noi desideriamo che l’immagine che da principio ci ha promesso la felicità si dimostri vera nel tempo, dopo mesi, anche dopo anni. Vogliamo non essere delusi. Vogliamo ancora sperare.
Non sono qui a fare promesse vaghe, generiche, o a venderVi una merce: Vi sto sfidando o, meglio, sto scommettendo con Voi e su di Voi, che la scuola non è una pena, una colonia penale – una galera a scadenza –, e nemmeno una tappa intermedia, e in fondo inutile, prima della vita “vera” degli adulti, ma è un tempo di lavoro. Un’occasione che potrebbe rivelarsi addirittura decisiva per una vita vera, una vita piena, adesso.

Quello della scuola è un lavoro serio, più serio di tanti lavori che si fanno anche con impegno e sforzo, ma senza significato o senza una ragione adeguata. Tant’è vero che la fatica si sente di più quando smarrisci la ragione e il significato di quello che fai, in cui t’impegni.
La scuola che oggi ha inizio è promessa di qualcosa di veramente bello: che il mondo è tutto da scoprire, che la realtà non è brutta e cattiva, anzi, è piena di significato, anche duro, sofferto – ché il dolore c’è e anche la morte, lo sappiamo, e devono trovare un senso, avere un destino, uno scopo –. La realtà ci fa crescere, diventare cioè sempre più coscienti di quanto essa, la realtà, è infinita e interessante: più grande e più antica e più promettente di quanto c’immaginiamo. Ogni passo avanti nella conoscenza e nella vita è un passo avanti nella scoperta del senso della vita stessa. Sempre un passo più in là. La realtà di fuori, l’essere, e l’umanità dentro di noi, che è fatta della stessa materia dell’essere.
E gli amici – compagni e insegnanti – ci sono dati per fare con loro il cammino della scoperta: essi ci saranno amici se ci daranno testimonianza di amore alla verità. Non accontentiàmoci!

Ma questa strada non sarà bella senza di Te, senza il Tuo lavoro.
In una scuola, qual è il lavoro da fare? È questo:

  1. in primo luogo, per capire le cose è necessario uscire da sé, andare incontro alla realtà;
  2. stare attaccati alle cose: poco o tanto bisogna amarle se vogliamo coglierne il significato e i legami sorprendenti che le uniscono;
  3. prender sul serio tutto ciò che i professori ti offrono: senza risparmio, senza incertezze, mettendoci l’anima, cioè la Tua stessa persona;
  4. indagare, comprendere e vagliare tutto: cioè criticarlo, rischiare un giudizio;
  5. trattenere il bello, quel che vale per Te, ciò che rende più ricca e gustosa la vita, che Ti mette la voglia di cominciare di nuovo – e Te lo porterai sempre nel cuore.

Luca Montecchi
Rettore

Al termine, abbiamo proposto questo song americano, eseguito da alcuni nostri ragazzi musici e cantori, e presentato dal Rettore, che ne ha dato la traduzione e la ragione per cui lo si è proposto. Il nucleo di senso sta tutto nel refrain: Affidarsi, affidarsi, Salvi e sicuri da ogni paura… affidarsi alle braccia eterne di Colui che fa tutte le cose ed è l’Essere stesso.

Leaning on the everlasting arms è un inno della fine dell’Ottocento: musica di Anthony J. Showalter; testo di Showalter & Elisha Hoffman.

Nel video, una versione del gruppo musicale The Grascals

What a fellowship, what a joy divine,
Leaning on the everlasting arms;
What a blessedness, what a peace is mine,
Leaning on the everlasting arms.
Leaning, leaning,
Safe and secure from all alarms;
Leaning, leaning,
Leaning on the everlasting arms.
Oh, how sweet to walk in this pilgrim way,
Leaning on the everlasting arms;
Oh, how bright the path grows from day to day,
Leaning on the everlasting arms.
Leaning, leaning,
Safe and secure from all alarms;
Leaning, leaning,
Leaning on the everlasting arms.
What have I to dread, what have I to fear,
Leaning on the everlasting arms;
I have blessed peace with my Lord so near,
Leaning on the everlasting arms.
Leaning, leaning,
Safe and secure from all alarms;
Leaning, leaning,
Leaning on the everlasting arms.

Che compagnia, che gioia divina,
Affidarsi alle braccia eterne;
Che beatitudine, che pace è in me,
Affidarsi alle braccia eterne.
Affidarsi, affidarsi,
Salvi e sicuri da ogni paura;
affidarsi, affidarsi,
affidarsi alle braccia eterne.
Oh, com’è dolce camminare in questo pellegrinaggio,
Affidandosi alle braccia eterne;
Oh, quanto luminoso cresce il cammino di giorno in giorno,
Affidandosi alle braccia eterne.
Affidarsi, affidarsi,
Salvi e sicuri da ogni paura;
affidarsi, affidarsi,
affidarsi alle braccia eterne.
Di che aver paura, cosa dovrò temere,
Affidandomi alle braccia eterne?
Ho una pace perfetta col mio Signore così vicino,
Affidandomi alle braccia eterne.
Affidarsi, affidarsi,
Salvi e sicuri da ogni paura;
affidarsi, affidarsi,
affidarsi alle braccia eterne.