.saluto del Rettore

lunedì 14 settembre 2020

Saluto del Rettore agli studenti dell’Istituto DCG
Carate B., lunedì 14 settembre 2020

Questa mattina si apre un gran giorno, una giornata storica: dopo oltre sei mesi – sei mesi! un triste primato mondiale – passati tra confinamento e vacanze, e che ci hanno tenuti lontani dalle aule, dai compagni, dai professori (ma non dal lavoro), finalmente torniamo in classe! Ci torniamo fisicamente, coi nostri corpi, con le nostre attese, con la gioia di rivedersi faccia a faccia e di riprendere tutte quelle abitudini, di sottoporci a quelle fatiche del lavoro quotidiano, che mai come nei mesi trascorsi abbiamo apprezzate e desiderate.
È bello incontrare i nuovi arrivati delle classi 1e, che siamo felici di accogliere e introdurre nella vita del “don Gnocchi”, pur con qualche limitazione nei movimenti: bastano alcune regole essenziali, che avremo tutti la pazienza di accettare e rispettare senza lamentarcene. Ma l’attesa di qualcosa di grande che hanno in cuore i più giovani fra noi, la loro voglia d’incominciare, di metter le mani in pasta, andranno riempite della presenza amica ed esperta dei compagni più grandi e dei professori – una presenza che ha sempre aiutato e aiuterà a tenere alto lo sguardo, puntato verso il traguardo di ogni nuovo anno: diventare più intelligenti, cioè vogliosi di capire, di scoprire, di leggere, di collegare, di approfondire, di conoscere quel che accade a noi, nel tempo e nel mondo di cui siamo parte: insomma, di crescere come creature umane che imparano anche dai libri, ma anzitutto dalla relazione intellettuale e operativa con gl’insegnanti, che si costruisce di giorno in giorno.
Chi è l’insegnante? Qual è il suo ruolo? E che c’entra con te, studente? La risposta non è scontata: c’è chi dice infatti che non bisogna troppo farsi notare dai professori, e anche meno avere con loro un rapporto che ti metta allo scoperto, perché ti condiziona, non ti lascia libero. Chi pensa e predica che il professore debba essere intrattenitore, uno che fa divertire, perché, se non è piacevole, che scuola è? C’è perfino chi s’immagina la scomparsa dei docenti, o almeno la loro forte diminuzione, ché ormai le conoscenze che contano oggi è così facile prenderle da internet o dai video della Rai o di Netflix… Tanto, quel che si studia a scuola – si dice – non serve a nulla per il lavoro di domani…
Ma la scuola, un Liceo / Istituto Alberghiero, non è questo: tutto ciò che al “don Gnocchi” si studia e si fa ha utilità e valore, eccome: se non l’avesse, gl’insegnanti che sono qui – io per il primo – non si spenderebbero per un mestiere – l’insegnante, appunto – così sottostimato eppur così necessario: come troppi fatti di cronaca dolorosamente denunciano, l’educazione è invece un compito di primaria importanza, e quasi tutti i politici e gli osservatori se ne stanno rendendo conto proprio in questi tempi difficili. Una vera scuola si prende cura delle persone e le fa crescere una per una, non è una macchina che deve funzionare per la pace sociale.
La scuola esiste perché non s’impara da soli: ci vuole un maestro, uno che ogni volta ti faccia risorgere la curiosità originale di un bambino che impara a muoversi e tocca ogni cosa, la porta alla bocca, e chiede, ti fa domande su domande. In questa Vs età complessa e interessante che chiamiamo “adolescenza”, in cui la Vs personalità via via prende forma e consapevolezza, è fondamentale riferirsi a un maestro che proponga un’ipotesi di lettura e di spiegazione delle cose, cioè faccia una proposta di senso che valga per la vita, e che ciascuno di Voi possa verificare personalmente in ogni ora di lezione (e oltre). Il bello della scuola è correre il rischio d’instaurare un rapporto aperto e leale almeno con un docente, per vedere se la proposta che ti fa ha senso, se è vera e buona per la tua persona.
Le cose che Vi sto dicendo sono di straordinaria importanza, non perché le dice il Rettore, ma perché sono vere. E i primi a coglierne la portata sono gli stessi professori, che rischiano la responsabilità di ciò che propongono (non solo a Voi, ma a sé stessi), che ci mettono la faccia, che sono contenti e pronti a offrirVi l’opportunità di un anno di lavoro denso ed esaltante, non ristretto al solo apprendere le discipline, ma teso a scoprire, a capire, ad amare la realtà. Un lavoro che dà gioia, un’opera senza fine.
Però, attenzione: le cose che Vi sto dicendo non sono l’annuncio del programma dell’anno che oggi comincia: sono la sostanza dell’esperienza che i ragazzi già fanno. Sono i più grandi, naturalmente, a testimoniarlo: lo hanno dimostrato nei duri mesi dell’isolamento forzato con le lezioni a casa sullo schermo del pc, con tenace fiducia; lo stanno dimostrando nelle lezioni integrative e nelle prime attività di settembre, con lo sguardo e lo slancio a ripartire di chi non vede l’ora.
Perciò, V’invito, da veri compagni e amici, ad attaccarvi e a stare attaccati ai professori e ai Presidi con la volontà di capire di più, col desiderio di gustare il sapore della realtà, non solo di “sapere la lezione” e di aspettarVi i voti migliori. Seguite, incalzate i Vs insegnanti per capire, darVi ragione delle parole e delle cose e dei concetti, mai stancandoVi di chiederne e di cercarne il senso con tutto Voi stessi. Senza di Voi, senza il Vs intelligente apporto di studenti, questa impresa avventurosa del conoscere, noi insegnanti da soli non possiamo farla.

Nel salutarVi, mi piace mandare all’intera comunità scolastica l’augurio che mi ha scritto una cara amica che dirige una scuola milanese, pubblica paritaria come il “don Gnocchi”: “siamo insieme per costruire il popolo e la civiltà che ci hanno generato e ci generano”. E, aggiungo io, per dare a questa storia la speranza di continuare in Voi.

Un buon inizio d’anno a tutti!

Luca Montecchi
Rettore