Care Famiglie,

fra altre affermazioni fatte in una recente intervista data al mensile “Tempi” da Massimo Camisasca, Vescovo di Reggio Emilia, ci ha colpito questa:

“La mentalità corrente ci spinge a pensare che tutto sia programmabile, gestibile e, quando si scopre che non è così, la persona sembra non avere più la possibilità di reggere ed entra in crisi […] Questa circostanza ci insegna che non siamo onnipotenti e che la scienza, pur con tutti i suoi enormi meriti, non può eliminare il lato grigio dell’esistenza. […]
Credo che ogni rottura nello schema della nostra vita quotidiana ci obblighi a ripensare a ciò che conta davvero e a riordinare le nostre priorità”.

In tanti, anche fra noi, l’epidemia ha generato comprensibile paura e preoccupazione. Comprensibile e ragionevole fin tanto che serve a preservare la salute fisica delle nostre persone. Incomprensibile e irrazionale, quando invece si muta in angoscia e isteria, come a tutti è capitato di vedere.
Per questa ragione, anche al “don Gnocchi”, come sta succedendo in tante altre scuole in questi giorni di fervido lavoro, vogliamo fare in modo che si ripristini il più possibile una vita normale.
Riprendiamo finalmente a fare scuola avvalendoci delle nuove tecnologie informatiche, usandole in maniera organizzata, pianificata, e tale da consentire un’attività didattica la più vicina alla nostra abitudine, che è quella della relazione e della comunicazione diretta tra insegnante e studenti, tra maestro e allievi. E non in forma sporadica o su iniziativa di docenti volenterosi o competenti, bensì assicurando un orario generale che copra i prossimi giorni della settimana – e sperando proprio che la sospensione dell’attività delle scuole non si prolunghi.
Non si tratta anzitutto di “occupare il tempo” nella sua accezione banale e forzosa, bensì di aiutare i ragazzi e gli adulti che lavorano con loro a non smettere di tener vivo o a riscoprire il valore della conoscenza, della cultura, ossia di ciò che concorre a dar senso alla vita.

Questa del Coronavirus è un’occasione propizia – “questo è il tempo propizio”, diceva la lettura di San Paolo della Liturgia Ambrosiana della 1ª domenica di Quaresima –, perché torniamo con rinnovata coscienza a incontrare e a pensare la realtà, a renderci conto di chi siamo e perché siamo al mondo. E del bene che siamo chiamati a cercare e a costruire.
Siamo d’accordo con mons. Camisasca: “Se l’epidemia ci aiuterà a maturare una concezione diversa di noi stessi, non sarà stata una sofferenza inutile”.

Il Rettore
2 marzo 2020