SALUTO DEL RETTORE AGLI STUDENTI

riportiamo il testo del saluto rivolto dal Rettore agli studenti il 12 settembre, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico 2016/17

Il mondo è difficile: c’è la violenza, brutale e segreta, c’è la guerra, la crisi economica e politica, la perdurante disoccupazione soprattutto dei giovani, i disastri ambientali e il terremoto, c’è il dramma e anche la tragedia dei migranti (o, meglio, “profughi”) che ingrassa i mercanti di esseri umani disperati… C’è chi semina morte nelle discoteche e nei rave party con cocktail di alcolici e stupefacenti. E poi ci sono le famiglie in crisi, il vuoto di comunicazione tra genitori e figli, la depressione e le malattie psichiche che aumentano… E poi la tecnica, la tecnologia, la tecno-scienza, che ti controlla dovunque tu sia e con cui si può soddisfare ogni voglia, dall’utero in affitto (la “maternità surrogata”) ai nuovi organi del corpo fino a clonare nuovi esseri. E l’elenco potrebbe andare avanti…
Questo è il desolante spettacolo che i media ci rovesciano addosso ogni santo giorno, come se il bene fosse sempre meno reale, sempre più un miraggio.

E noi? Che cosa siamo qui a fare? Che anno comincia per noi? Che cosa vogliamo o ci aspettiamo? Noi siamo qui perché attendiamo che ci accada qualcosa di bello e di grande.
Certo, se crediamo che l’anno che comincia sia un nostro affare privato, che nulla ha a che vedere col mondo che abitiamo; se è la tacca o il tassello che si aggiunge a un programma bell’e pronto e già tracciato (da altri); se cominciamo un anno “di serie”, una tappa che ci hanno detto porterà dritti all’università e poi al lavoro (di prestigio), e che ci permetterà di far soldi e godere di una vita piacevole ecc. ecc.; allora stiamo sbagliando prospettiva, è come se usassimo il binocolo al contrario. La vita è adesso: domani? Si vedrà.
La realtà non è quella degli spot che illudono che è “tutto intorno a te”: è fatta per te, ma non a misura di te. Perché la realtà è immensamente più grande di quanto immaginiamo e di quanto ci raccontano, è infinita e sempre nuova, e già l’elenco dei soli mali che ci affliggono basterebbe a darci la misura di quanto sia incontrollabile, ingovernabile, imprevedibile.

Ma, anziché scoraggiarci, lasciarci sopraffare, intimidire, spaventare, vogliamo dirci che la realtà è bella e interessante, promettente, e tutta da scoprire; si lascia curiosare, indagare, studiare: insomma, si può capire. Si può capire perché ha un senso, un senso buono. Ciascuno di noi ha in dote quell’organo speciale che è la ragione, e questa ci permette di afferrarla e comprenderla. La realtà si può amare.
Noi facciamo la scuola non perché sappiamo tutto della realtà, ma perché abbiamo da imparare (e anche da insegnare) un metodo per conoscerla, o almeno per avvicinarla. E lo facciamo come persone che cercano, che s’interrogano, che si fanno domande: non solo a sé stessi, ma gli uni agli altri. Chi cerca chiede; chi cerca trova.
Si chiede per sapere e, soprattutto, per capire. Per questo siamo insieme – alunni e insegnanti –, per aiutarci: chi ti aiuta a fare il serio lavoro di ragionare e di conoscere vuole il tuo bene, perché entrare nel vivo della realtà, comprenderla, dedicartici, amarla ti cambia la vita, ti fa contento. E più certo, perché ti toglie la paura di sbagliare, di non essere a posto, di esser mal giudicato, di esser tagliato fuori.

Cominciamo la scuola per metterci di fronte alla verità delle cose, al mistero dell’esistenza.

Lo facciamo insieme, liberi, da amici.

Luca Montecchi

rettore, Istituto Scolastico don Carlo Gnocchi