diario dei giorni difficili .8

Questa settimana a lezione, con alcuni di voi, ho scoperto una poesia del poeta e poi Santo Papa, Karol Wojtyła, che voglio condividere con tutti.

In questi giorni difficili, di paura e di morte, ci troviamo addosso il desiderio di scovare nelle pieghe delle giornate “ciò che paura e morte non è” e fissare lo sguardo su quello, oppure, quando proprio non se ne hanno le forze e la noia ci soffoca, di chiedere che un bene, il Bene, ci raggiunga e ci trascini fuori del nostro buco nero.
Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”, afferma un verso di questa poesia, è così: quello che siamo ora, il nostro nome, quello che nel tempo costruisce il nostro io, nasce dal bene (mani che preparano il pranzo; occhi che ci incontrano a lezione, dietro lo schermo; la magnolia nel giardino che fiorisce; il fratellino delle elementari che fa i compiti; saltare la funicella in giardino; la verifica di Fisica, la poesia di Pier della Vigna). È il Bene che avanza nelle giornate e a cui decidiamo di cedere e guardare negli occhi.

“Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio —
Ti apristi un varco a un tratto o te l’aprivi dall’inizio?
E da quando? — dimmelo tu, Veronica.
Nacque il tuo nome nello stesso istante in cui il cuore
divenne l’effige: effige di verità.
Nacque il tuo nome da ciò che fissavi.
Così intenso il tuo desiderio di vedere, sorella,
così intenso il tuo desiderio di sentire che il tuo sguardo è arrivato,
così intenso il tuo desiderio di sapere che l’effige
è nel cuore.

La visione è uno spazio dell’anima.
Dici allora:
voglio essere vicina, così vicina
che nessun vuoto si presenti in un distacco da Te,
che la Tua assenza non ritorni.
Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio —
ti apristi un varco a un tratto o te lo aprivi dall’inizio?
E da quando? — dimmelo tu, Veronica”.

Elena De Carlini
25 marzo 2020

diario dei giorni difficili