Cari amici,

eccoci alla seconda uscita di Maestri, la rubrica che, senza una cadenza fissa, abbiamo ideato per mettere via via a disposizione testi brevi ma significativi, a beneficio di chiunque voglia attingere a fonti di pensiero che aiutino a vivere la vita con largo respiro, con verità e secondo una prospettiva ideale forte e carica di speranza.

Il Rettore

Il nostro Paese, e le terre di Brianza in particolare, sono ricche di opere sociali, educative, assistenziali, culturali ed economiche, nate per iniziativa di associazioni e comunità che contribuiscono al bene di tutti secondo un’immagine pratica e ideale condivisa. La nostra stessa scuola ne è un esempio.

La dottrina sociale della Chiesa chiama questo “sussidiarietà”. È un principio riconosciuto tanto nella nostra Carta Costituzionale quanto nei documenti fondativi dell’Unione Europea, ma ancora lontano dal ricevere, almeno qui in Italia, adeguata applicazione.

In un recente articolo apparso nell’ultimo numero della rivista americana “First Things”, il filosofo Rémi Brague, uno degl’intellettuali più fini d’Europa, svolge una riflessione originale e ricca d’implicazioni di detto principio. Offriamo, in due parti, una nostra traduzione di un ampio stralcio del testo, proponendolo alla lettura, al dialogo e al lavoro d’insegnanti, studenti e famiglie.

da Dio: un gran Signore

tratto e tradotto da God as a Gentleman, “First Things”, February 2019

Rémi Brague

[…] La creazione stabilisce le cose come sono. La Provvidenza ne sorveglia il corso attraverso il tempo. Anche qui Dio si comporta da gran signore: non tira fuori la sua carta se non è necessario. Succede così perché Egli governa col principio di sussidiarietà, una nozione formulata per la prima volta con chiarezza al principio degli anni Trenta dal Papa Pio XI. E lo fece allo scopo di respingere la pretesa dello Stato totalitario di controllare ogni aspetto della vita sociale, familiare, economica e politica. A quell’epoca, il fascismo italiano, per bocca del filosofo Gentile, rivendicava “tutto nello Stato, tutto per lo Stato”.

Contro un tale assorbimento di tutte le forme sociali entro lo Stato, Pio XI non si stancava di dire che la società umana è articolata su più piani. C’è la cellula elementare, ossia la famiglia, in cui nuovi individui possono entrare nella vita e acquistare la loro piena umanità. C’è poi la società civile, con le sue relazioni economiche di dare e avere, di compravendita. Lo Stato ha anch’esso il suo ruolo, tale da assicurare che i diritti e i doveri delle persone siano garantiti: il suo ruolo è però limitato.

Al fine di mantenere un ordine sociale differenziato, il principio di sussidiarietà sancisce che ciascun livello dev’esser libero nella pienezza del suo compito nel modo che gli è più proprio, senza interferenze di sorta. In particolare, lo Stato non è autorizzato a togliere l’educazione dei figli dalle mani della famiglia, né dovrebbe togliere alla società civile l’organizzazione del mercato.

D’altra parte, i diversi livelli della società non possono sempre risolvere i loro problemi. Quando ciò accade, è dovere del livello più alto prestare soccorso. Per esempio, lo Stato può assistere le famiglie nel compito d’istruire la prole finanziando un sistema scolastico pubblico. Aiuta la società civile nel suo compito di creare mercati fissando regole sicure affinché le truffe siano scongiurate e i contratti onorati.

L’insorgere del totalitarismo fu il motivo che spinse Pio XI a formulare il principio di sussidiarietà come elemento della dottrina sociale della Chiesa. Ma il contenuto del principio è ben più antico. Esso regola l’intera sfera dell’azione di Dio nei confronti delle creature. Egli dà alle creature tutto ciò che occorre al loro benessere: la gravità agli oggetti che hanno peso, l’istinto agli animali, l’intelligenza agli esseri umani, e altro ancora. Egli si astiene dall’interferire, a meno che non sia strettamente necessario; e quando lo fa, è per ripristinare le capacità di autogoverno delle sue creazioni.

Possiamo dire che il divino principio di sussidiarietà è il vero spirito della signorilità. Un vero signore non toglie dalle mani dei suoi subordinati ciò che essi posson fare per conto loro. Lascia loro fare ciò che sono in grado di fare, e si astiene dal farlo lui. Un signore si fida del fatto che il suo maggiordomo abbia cura della sua giacca da sera e vi dia un’ultima spazzolata prima di entrare in sala da pranzo. 

[…] L’opposto di una simile condotta di affidamento signorile è ben espresso dal vocabolo tedesco Besserwisserei, ossia “tu non lo farai come si deve, e allora lo farò io per te”. Come dottrina della provvidenza, questa sorta d’interferenza compulsiva è perfettamente sbagliata. Dio non è invadente.

1. (continua)